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Le parole che non ci han detto
09/01/21

Le parole che non ci han detto

Fra l’ormai famigerato «fortemente raccomandato di…» ed altri tentativi di indorare mediaticamente le varie pillole la comunicazione istituzionale in emergenza, persino "dispositiva", è stata spesso vistosamente fraintesa. Pure rispetto al "Lavoro Agile"…

Davide Cappelli Opinioni Business Continuity, CovidWork, Efficacia, Efficienza, Hybrid Workforce, Norme, Remotizzazione, Social Distancing, Telelavoro Emergenziale, Telepresenza 0

La comunicazione dello Stato e degli Enti Locali, in questi oltre dieci mesi di emergenza pandemica, ha fatto acqua sin dall’inizio, cioè dal momento in cui fu stimata una durata del lockdown di appena tre settimane: era evidente, infatti, che la stima più accorta sarebbe stata, intanto, quella “sine die” ma era altrettanto evidente che ciò sarebbe stato un boccone amarissimo da far digerire ai mercati – in senso lato. Una scelta obbligata a rassicurare, quindi, che tuttavia appare insistere a perpetuarsi nelle ancora spesso settoriali (Scuola, Montagna, etc.) procrastinazioni delle chiusure – laddove altri stati, e non necessariamente solo quelli che possono permetterselo,1 continuano ad optare per interventi più radicali…

Ciò che senza dubbio la comunicazione istituzionale a riguardo non poteva attendersi è il fragoroso analfabetismo funzionale, diffuso a qualsiasi livello ed in qualsiasi contesto, che ha fatto sì che, perfino quando al burocratichese (talvolta impreciso) non sarebbe stata necessaria una ulteriore parafrasi in lingua corrente, si è dovuto ricorrere a disegnini – ma diciamo pure “infografiche” per smorzare il grottesco della situazione… –, a loro volta spesso rimasti comunque incompresi. Di fronte ad una siffatta platea, oltretutto palesemente lesta ad una proporzionalità inversa fra gradi di comprensione dei provvedimenti e criticismo egoriferito, l’approccio rassicurante, ed invero incespicante, non poteva che uscirne ulteriormente obbligato.

La sinergia – o meglio: la “tempesta perfetta“… – di questi due (principali) fattori ha creato una biforcazione per cui una parte marginale di cittadini ed imprese ha compreso che non si tornerà mai (esattamente) alla condizione precedente ed una stragrande maggioranza, illudendosi – e lasciandosi illudere – che ciò possa concretizzarsi, sta perdendo tempo rimandando, anche in questo caso sine die, l’unica cosa sensata attualmente possibile: adattarsi.

Improvise, Adapt, Overcome2

Era storicamente prevedibile, infatti, che, per esempio, una più pronta adesione al Telelavoro avrebbe riguardato principalmente le aziende più grandi e/o strutturate,3 con visioni più ampie e pianificazioni a più lungo periodo, che agli “stop & go” soltanto apparentemente a sopresa — qui c’è stata un’altra biforcazione, ma a livello mediatico: una prevalenza di fonti palesemente rassicuranti ed una minoranza più scettiche o pure allarmiste, a fronte, tuttavia, del medesimo andamento dei dati — hanno preferito la ri-assunzione d’autonomia e di responsabilità nello scegliere, coltivandole, le soluzioni e declinazioni più adatte alla propria situazione e — perché no? — persino suggestive,4 ad iniziare dal risparmio sui costi immobiliari.5

Altre, invece, passivamente hanno preferito distogliere l’attenzione dall’ambiguità della comunicazione istituzionale e mediatica e semplicemente attendere, via via, l’alternarsi di disposizioni d’allentamento e poi re-inasprimento delle restrizioni, come se sia le prime che le seconde non fossero largamente anticipabili scrutando l’ossessivo quotidiano aggiornamento sui fattori – gli ormai famigerati 21 parametri – alla base di decisioni operative già comunque minate dall’esigenza di conciliare alla meno peggio l’emergenza sanitaria con quella socio-economica (e sindemica). Alcune fra queste aziende, infine, hanno ripudiato qualsivoglia interdipendenza fra tali disposizioni e la Realtà e semplicemente hanno optato per eluderle entrambe.6

Una persona, prima di Natale, mi fa: Sai, da domani sarò in smart working perché mio figlio resterà a casa: gli chiudono l’asilo, diventato focolaio. Il “Telelavoro-come-Presidio“, cioè il (totale) distanziamento sociale del lavoratore mediante remotizzazione, è stato adottato solo successivamente – quindi pleonasticamente rispetto agli scopi primari – al periodo durante il quale questi ha costituito un potenziale veicolo di contagio per i colleghi, invero nel momento preciso in cui ha cessato di esserlo.

Alla base di risposte aziendali così alterne, talvolta devianti, oltre ai fattori endogeni (scarsa cultura organizzativa e/o produttiva, eccesso di burocratizzazione, carenze di leadership, etc…), c’è verosimilmente un burocratichese/legalese non tanto poco comprensibile quanto assolutamente non diretto, che per propria tradizione prepone il metodo ai risultati attesi, così offrendo opportunità di prelazione ad interpretazioni da azzeccacarbugli piuttosto che pratiche, che a loro volta quantomeno sottraggono tempestività, fattore di riconosciuta crucialità nella risposta pandemica, a qualsiasi intervento.7

L’approccio “per metodi” (efficienza), anziché “per obiettivi” (efficacia), se da un lato fornisce un corpus di indicazioni utili, dall’altro ha varie pecche: favorisce la diligenza non partecipata (cieca adesione) e dunque la deindividuazione (nelle azioni) e la deresponsabilizzazione (nelle scelte); di rado è “sartorialmente” applicabile a contesti specifici, risultandovi a volte eccessivo ed a volte riduttivo, o semplicemente non compatibile; richiede impegnative analisi a monte, il costante aggiornamento all’evolversi della situazione ed altrettanto impegno nel comunicarlo; soprattutto inibisce il ricorso all’ideatività, che proprio nell’efficacia ha il proprio riscontro…

Quanti contagi in meno, sofferenze dei sistemi sanitari locali, malati e, prima ancora, recrudescenze di restrizioni ci saremmo risparmiati se anziché anteporre vari metodi (cd. “lavoratori fragili“, con prole sotto i 14 anni, con impegni d’assistenza, sottoposti al cd. “isolamento fiduciario“, etc.), si fosse detto direttamente che: “qualunque compresenza costituisce un rischio di contagio; contenere al massimo questo rischio è obiettivo primario della Collettività; nel caso dei luoghi di lavoro e nel raggiungimento degli stessi tutti coloro per i quali è possibile una limitazione delle occasioni di tale compresenza vanno agevolati nel soddisfacimento di questo requisito, a favore di coloro per cui questa limitazione non è praticabile… – ricomprendendo, così, pure quei fruitori di mezzi pubblici per spostamenti essenziali seppur non lavorativi (ad es. per visite mediche)?

Giungere all’estremo, invero a me molto caro ed oltretutto tutt’altro che originale,8 di invertire l’onere della prova sulla telelavorabilità, richiedendo ai datori di remotizzare tutti coloro per i quali non sia argomentabile l’esigenza di (piena) presenza nelle sedi aziendali, sarebbe stato forse eccessivo, senza dubbio prematuro… D’altro canto contare su una fra questi diffusa sensibilità giuridica tale da comprendere il nesso – di fatto un’anteposizione del principio di precauzione, a carico del datore9 – fra la cd. “procedura semplificata“10 e l’articolo n°2087 del Codice Civile,11 è stato oltremodo ingenuo: anziché provocare degli interventi attivi (precauzionali) da parte dei decisori aziendali il risultato è stato quello di invocare – concedendo questo punto di vista – di considerare la fragilità, la genitorialità, etc. quali requisiti essenziali per l’accesso all’espediente più banale ed al contempo radicale – far restare a casa quanti più lavoratori possibile – fra quelli prêt-à-porter per il contenimento dei contagi in una data area (comune, regione); agevolandone, di conseguenza, per l’ennesima volta la derubricazione (per via amministrativa) a benefit individuale.

Si sarebbe dovuto chiarire che il distanziamento sociale, nei casi compatibili, avrebbe dovuto essere considerata la norma e non un’eccezione. Deputare la questione a soggetti avvezzi, da un lato, alla burocratica aderenza a regolamenti e procedure e, dall’altro, alle interpretazioni ed alle attuazioni più conservative e di convenienza, non pare sia stata una scelta opportuna.

La stessa formula per cui sia tuttora fortemente raccomandato – senza specificare il risultato atteso – di ricorrere al Telelavoro, oltre ad allinearsi alla bonarietà con cui si è demandato alla popolazione di non trasgredire troppo alla rule of six natalizia ed a strizzare l’occhio alle fobie di desertificazione comprensibilmente mosse da pubblici esercizi già fiaccati dalle restrizioni, non è stata argomentata in maniera da fugarne il travisamento in combinato disposto coi requisiti di cui sopra nonché coi protocolli sanitari di cui è stata richiesta l’adozione: i rappresentanti della Pubblica Istruzione – ed utenti diretti e non… – così come di varie categorie di esercenti, nell’opporre alle chiusure gli impegni, anche finanziari, profusi nell’adeguarvisi (distanziamenti, numero di avventori, sanificazioni, etc.), hanno dimostrato unicamente quanto, posta anche l’evidente molteplicità e combinabilità delle situazioni di potenziale contagio, non sia diffusa la capacità di discernere, banalmente, fra “necessario e sufficiente” e “necessario ma non sufficiente“, se non proprio, in troppi casi, fra forma (mera applicazione d’un metodo) e sostanza (perseguimento dell’obiettivo); fra le aziende, specie le piccole e medie non attrezzate per valutazioni di più ampio respiro e/o da risorse finanziarie per coltivarle, molte sembrano non essere riuscite a distaccarsi dal medesimo modus operandi…

Alcune pratiche adottate, per quanto diligentemente, stanno al contenimento del contagio ed alle sue conseguenze secondarie (e.g. continuità operativa) tanto quanto il “coito interrotto” sta alla contraccezione – non per forza inefficace, senza dubbio “più intimo” ma al contempo impegnativo per l’autocontrollo richiesto “durante l’atto” ed ansiogeno a posteriori –, laddove l’evitamento tout-court delle compresenze, posta l’impraticabilità economica dell'”astinenza”, avrebbe corrisposto all’uso del “preservativo“: (più) efficace anche su un più ampio spettro…

Dall’ISS e giù fino alle ordinanze comunali sono state recepite le indicazioni dell’OMS,12 che nel caso del contesto lavorativo – vale a dire pure la sua interazione con tutti gli altri – prevedono di coniugare alla valutazione dei fattori ambientali di rischio (e.g. cubatura dei locali condivisi, ricircolo aria, etc.) ed alla attuazione dei protocolli quotidiani (e.g. controllo temperatura all’ingresso) di implement or enhance shift or split-team arrangements, or teleworking. Ognuna di queste indicazioni, eccetto non a caso l’ultima, può costituire un’incognita: le analisi ab initio potrebbero, nel tempo, rivelarsi inadeguate – si pensi alla cd. “variante inglese“, più contagiosa; il lavoratore che pure non mostri alterazione od altri sintomi, e magari si sanifica le mani ogni dieci minuti, con due-tre starnuti potrebbe saturare un locale igienico di droplet infetti; orari contrattualizzati (e.g. part time), o semplicemente consolidatisi nel tempo, così come altre comunissime rigidità e/od abitudini organizzative, potrebbero frustrare qualsiasi proposito di distanziare spazio-temporalmente le persone, al di là della caratura manageriale necessaria già solo per congegnarlo; eccetera…

Alla luce di queste incognite le forti raccomandazioni risultano finalmente comprensibili con una semplice parafrasi: Anziché impiegare indefinitamente13 persone, tempo e denaro nel (tentativo di) massimizzare la riduzione del rischio di contagio mantenendo la compresenza è preferibile tagliare la testa al toro surrogandola il più possibile con la telepresenza, che oltretutto soddisfa il requisito d’estenderne i benefici dalla singola organizzazione verso l’intera Collettività (in una prospettiva di “Responsabilità Sociale” dell’azienda). Una parafrasi che nondimeno tiene conto anche della lacuna più vistosa manifestatasi: un livello generale di comprensione della trasmissibilità aerea e della diffusività del Coronavirus che dovrebbe imbarazzare qualunque passato insegnante di Scienze delle Superiori, nonché chiunque abbia visto – od, invece, abbia deciso di snobbare… – una manciata di film Pop14 sull’argomento.

D’accordo: un piglio più teutonico15 alla chiarezza sulla situazione, o solo meno macchiavellico, avrebbe rintuzzato schiere di esercenti scontentati dai cd. “Ristori” e frementi di compensare con qualche rimbalzo le perdite pregresse, e così un Giornalismo ormai indistinguibilmente ondivago fra un’empatica lamentosità ed un più malizioso clickbait. Non è affatto detto, tuttavia, che avrebbe provocato, più in generale, maggior stress di quanto ne abbia instillato un orizzonte reiteratamente impostato sul brevissimo periodo delle 2-3 settimane, specie se associato all’aspettativa di una restaurazione del pregresso. Difficile pure sostenere che maggior coerenza e costanza, anche nel confronto con paesi più rigidi sulla questione, non avrebbero contribuito a limare almeno un po’ il mesto conteggio dei decessi16 e meglio “compartimentare” le sofferenze economiche e quelle occupazionali, così agevolandone la gestione nel complesso della contingenza.

Per quanto questa possa essere speciale prendere atto delle trasformazioni che essa inevitabilmente comporterà e compartimentarne, appunto, le conseguenze primarie avrebbe dovuto essere il primo passo. Invece ci ritroviamo, a trimestri economici dall’inizio della pandemia, con milioni di cittadini che, pur senza negazionismo, cospirazionismo o varie forme di scetticismo, ancora si aspettano che si possa ritornare, immacolatamente, alle abitudini personali ed economico-professional-lavorative di prima. Esemplificativamente fra questi cittadini ci sono pure i titolari ed in genere i decisori legati al settore HoReCa che, opponendo resistenza alla situazione, stanno cedendo il loro posizionamento sul mercato a soggetti più adattativi (e.g. delivery, “dark/ghost kitchen“)17 e dunque competitivi, suggerendo persino l’opportunità di impiegare il Next Generation EU18 per un classicissimo ha da passà ‘a nuttata.19

Quanti titolari anche in altri settori non sono riusciti ancora a scindere l’umana reazione di rifiuto al trauma in corso da quella necessaria, e richiesta ad un titolare, per affrontarne la quotidianità ed infine adattarvisi? Apparentemente non tanti quanti ci si sarebbe voluto aspettare…

Note
  1. Goodman, Matthew P. & Gerstel, Dylan. (28/10/2020). Comparing U.S., Japanese, and German Fiscal Responses to Covid-19. Center for Strategic and International Studies (CSIS);
  2. Motto dei Marines americani citato da Clint Eastwood (Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo!) in Heartbreak Ridge (Gunny);
  3. Voltattorni, Claudia. (19/06/2020). Lo Smart Working nelle Imprese: meno Ricorso al Lavoro Agile nelle Aziende più Piccole. Corriere della Sera;
  4. Messina, Patrizio. (26/12/2020). Economia Digitale: la Quarta Rivoluzione Industriale è in Arrivo. Come Farsi Trovare Preparati?. Money.it;
  5. Querzè, Rita. (23/06/2020). Smartworking, la Tentazione delle Aziende: Lavoro da Casa per Ridurre i Costi. Corriere Economia;
  6. Pignataro, Sabina. (13/11/2020). Milano, altro che Lockdown. Il Finto Smart Working nelle Zone Rosse: Tanto non è Obbligatorio. Business Insider;
  7. Dykstra, Pearl, Fortunato, Elvira, Grobert, Nicole, Heuer, Rolf-Dieter, Keskitalo, Carina, Nurse, Paul, Kondorosi, Éva et al.. (12/11/2020). Improving pandemic Preparedness and Management: Lessons Learned and Ways Forward: Independent Expert Report. European Commission – Directorate-General for Research and Innovation;
  8. Vedasi, ad esempio, La maggior parte dei lavori, se non tutti, includono alcune attività che sono considerate “portabili” e che possono, generalmente, essere eseguite ovunque, in Te la do io la P.A. americana…;
  9. Il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee a prevenire sia i rischi insiti all'ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene di rilevanza costituzionale che impone al datore di anteporre al proprio profitto la sicurezza di chi esegue la prestazione (Brocardi.it);
  10. Dalle FAQ CoViD-19 del Ministero del Lavoro al 09/01/2021: Nel periodo in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza […] le modalità di comunicazione del lavoro agile restano quelle previste dall'art. 90, commi 3 e 4, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, utilizzando la procedura semplificata già in uso (per la quale non è necessario allegare alcun accordo con il lavoratore), con modulistica resa disponibile…;
  11. Mossuto, Giuseppe. (21/11/2020). Smart Working: Obblighi del Datore alla Luce del DPCM del 3 Novembre 2020. Salvis Juribus;
  12. World Health Organization. (10/05/2020). Considerations for Public Health and Social Measures in the Workplace in the Context of COVID-19;
  13. Settore "C" della cd. "Curva ABC";
  14. Se Contagion (2011) ha predetto abbastanza verosimilmente lo scenario di una pandemia globale Virus Letale (1995) ha il pregio di spiegare meglio, con un confronto al microscopio fra un "prima" ed un "dopo", come un virus si evolva alla trasmissibilità aerea ed il conseguente diverso rischio;
  15. Dal discorso di Angela Merkel al Parlamento tedesco (09/12/2020): Mi dispiace, mi dispiace dal profondo del mio cuore, ma se il prezzo che dobbiamo pagare è avere 590 morti al giorno, allora non è accettabile…;
  16. Buzzi, Natalia. (09/12/2020). Quanti Morti Abbiamo Avuto in più nel 2020? I Dati che Mancano. Il Sole 24 Ore;
  17. Balestrieri, Giuliano. (19/09/2020). I Ristoranti in Crisi Scommettono sul Boom delle Dark Kitchen, un Business da 35 Miliardi di Dollari l’Anno. Business Insider Italia;
  18. Dal Monte, Alessandra. (09/01/2021). Enrico Bartolini: «Scelte Incomprensibili e Pianificazione Assente. Massacrati i Ristoratori». Corriere della Sera;
  19. Stefanini, Maurizio. (19/03/2020). «Addà Passà ’a Nuttata» Compie 75 Anni, ma Non è Mai Stato Così Attuale. Linkiesta.
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